Prende il via la nuova rubrica del Centro Fisioterapico Verrengia, il centro di fisioterapia di Salerno.

Epicondilite: come diagnosticarla e curarla

L’espressione “gomito del tennista” o epicondilite omerale si riferisce a una sindrome dolorosa dovuta a una degenerazione dei tendini. I tendini interessati sono l’estensore radiale breve del polso e l’estensore comune delle dita della mano, sull’epicondilo (estremità) dell’omero che si trova sul lato esterno del gomito.
È una patologia degenerativa infiammatoria che, anche se abbastanza comune e spesso invalidante, a causa della sintomatologia modesta nelle fasi iniziali, è sottovalutata e giudicata come qualcosa di clinicamente banale.

Come diagnosticarla

Le difficoltà terapeutiche e la frequenza delle recidive richiedono una valutazione clinica e diagnostica rigorosa, soprattutto attraverso un’ecografia, e l’applicazione di misure preventive corrette.

Chi sono gli individui più esposti a questa patologia?

L’epicondilite non deve essere considerata come una patologia esclusivamente sportiva, per questo la sua definizione come “gomito del tennista” può risultare fuorviante. Infatti, è abbastanza frequente anche nelle casalinghe, nei pianisti, in chi lavora molte ore con il computer.
L’elemento comune è rappresentato da un eccessivo utilizzo dei muscoli estensori delle dita e del polso.
Le varie forme di epicondilite omerale rientrano nella generica categoria delle patologie da azione meccanica sull’inserzione dei tendini.

Da che cosa può essere causata?

La causa scatenante può essere un singolo trauma o, più frequentemente, una serie ripetuta di micro-traumi.
Tipicamente l’epicondilite insorge in soggetti tra i 30 e 50 anni di età ed è, quindi, inquadrabile nelle cosiddette “over-use syndromes”, nelle quali, cioè, riconosciamo tra i fattori causali, oltre l’abnorme sollecitazione, anche un fisiologico logoramento involutivo delle strutture tendo-inserzionali.

Perché l’epicondilite viene definita anche con l’espressione “gomito del tennista”?

Sai perché si parla di “gomito del tennista” per definire l’epicondilite? Te lo spiego meglio. Nel tennista può verificarsi più facilmente questo genere di patologia per alcune cause predisponenti, come:

un’errata impostazione del gesto tecnico, per esempio il colpo di rovescio e gli squilibri tra gruppi muscolari;
l’impiego di racchette troppo pesanti o leggere, ma rigide, mal bilanciate, con corde sintetiche troppo tese;
l’impugnatura troppo grande o troppo piccola delle racchette;
l’uso di palle sgonfie o bagnate o troppo dure e pesanti;
il gioco su superfici veloci;
la presa troppo energica o troppo vicina all’estremità della racchetta.
I sintomi dell’epicondilite

L’epicondilite si manifesta con dolore a insorgenza brusca o graduale, localizzato in un punto laterale del gomito. Spesso compare anche una certa debolezza della presa che, nei casi più gravi, può rendere impossibili o difficili gesti quotidiani come:

sollevare un piatto o un bicchiere;
versare l’acqua da una caraffa o da una bottiglia;
stringere la mano;
aprire una serratura;
strizzare un panno bagnato.
Le terapie più comuni

Nelle fasi di dolore acuto risultano particolarmente efficaci i farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) assunti per via sistemica o locale (creme, gel, cerotti ecc.), possibilmente associati con impacchi di ghiaccio (applicazioni di venti minuti due volte al giorno, con cicli di otto – dieci giorni).

Durante il trattamento il paziente deve interrompere l’attività sportiva specifica ed evitare quei movimenti giornalieri che coinvolgono i muscoli dell’avambraccio.

La mesoterapia

È consigliabile la mesoterapia (terapia che consiste nell’iniettare nell’intraderma dei farmaci) che, grazie a una maggiore concentrazione locale di farmaco, riduce il dolore e l’infiammazione evitando gli effetti secondari indesiderabili dei FANS.
L’infiltrazione locale con preparati a base di cortisonici può essere usata ma soltanto nei casi in cui i sintomi persistano e dovrebbe essere effettuata solo per un numero limitato di volte.

La fisioterapia

La fisioterapia, soprattutto la magnetoterapia, la laserterapia, la crioultrasuonoterapia e le onde d’urto (onde acustiche ad energia variabile) sono consigliabili nei casi in cui il dolore si irradia ai muscoli dell’avambraccio.

L’uso di tutori

Di notevole aiuto è l’uso di tutori per il gomito che durante il giorno impediscono movimenti anomali che possono peggiorare il quadro della patologia e allo stesso tempo, mantenendo in posizione corretta il braccio, accelerano il recupero.

Come e quando riprendere l’attività sportiva?

È molto importante che, una volta cessato il dolore e verificato il recupero attivo, la ripresa della normale pratica sportiva avvenga solo dopo un periodo di idoneo e sufficiente ricondizionamento atletico. Questo dovrà consistere in esercitazioni di forza (contrazioni isometriche e isotoniche che coinvolgano i muscoli dell’avambraccio) alternate a esercizi di allungamento. In questo modo saranno ridotti i rischi di recidive.
Al contrario, le recidive si avranno in particolare quando gli atleti, non avvertendo più dolore e ritenendosi erroneamente guariti, riprendano a giocare senza seguire le istruzioni terapeutiche descritte in precedenza.

Quando l’epicondilite diventa cronica

In ogni caso, malgrado il rispetto di tutti gli accorgimenti terapeutici, una piccola percentuale (circa 5%) dei casi di epicondilite diventa cronica. In questo caso, e soltanto come ultima risorsa, può essere presa in considerazione la terapia chirurgica.

Per info contattaci al numero 089 753680.